Victor sentiva parlare spesso della valle dei teschi. Si trovava sulle colline, in Costa da Range, era una forra stretta tra le rocce dove scorreva un torrente nei giorni di pioggia, ma da decenni non era più possibile arrivarci per i rovi che erano cresciuti sul sentiero che aggirava la prima cascata.
Victor, lo sapete, era un ragazzo testardo e curioso, e con l’impegno riaprì un varco. Superò la cascata, ne trovò altre due che scendevano dalle pareti rocciose ai lati, e risalì un ghiaione per arrivare ai piedi della quarta, la più alta. E lassù trovò qualcosa che andava oltre ogni immaginazione. Nella pozza d’acqua c’era un numero sterminato di teschi di animali, i denti radi, le corna spezzate, come tanti sassi bianchi caduti dalla montagna e trascinati e ammucchiati dall’acqua.
Soltanto i teschi e le corna, non c’erano altre ossa. Povere bestie, come erano finite così?
Quel fenomeno aveva una spiegazione: non era un cimitero naturale, ma la discarica di un macello clandestino: nella pozza negli anni si erano accumulati i teschi degli animali uccisi dai bracconieri, che gettavano le teste giù nella cascata, dalla strada che passava più sopra.
E Una ragazza dai capelli grigi venne a sapere di questa storia e chiese a Victor se potesse tornare nella valle e portarle uno di quei teschi.
Tre giorni dopo Victor le porse un panno nero. Era emozionata e lo prese, le mani tremavano, lo svolse, e vi trovò il teschio bianco di un cinghiale.
“È il regalo più bello che mi abbiano mai fatto.”
Ma Victor, lo saprete, non è mai esistito. La storia invece è vera, la ragazza era Francesca e il cinghiale si chiama Orazio.
Orazio non lo vendiamo, ma il tavolino sì.